Omelia di Aldo Bergamaschi pronunciata il 23 ottobre 1983
Con dispiacere dobbiamo rinunciare alla
spiegazione del vangelo relativo al fariseo e al pubblicano, perché oggi è la
giornata missionaria mondiale. Ma anche qui non è che le cose siano così
semplici. Potrei impostare il discorso in maniera, o in forma apologetica,
bussare con un poco di insistenza alle vostre borse e sono sicuro che farei
cadere qualche danaro, ma il problema non è questo. Nei depliant che forse sono
stati distribuiti mi pare che nella propaganda missionaria ci sia una specie di
svolta, non vorrei sbagliare, vedo che si mette la foto del papa,
trasformandolo in un leader e lo assimilate agli altri leaders. Sicché ecco
sottinteso, propaganda contro propaganda di segno diverso, e così siamo caduti
nella trappola storicistica. Quando, proprio in questo giorno, l'apparato
gerarchico della Chiesa dovrebbe ritirarsi verso il nulla. Perché la sciagura
di un cristianesimo che è diventato un “medium quod cognoscimus” mi rifugio nel
latino, un cristianesimo che diventa un mezzo che noi conosciamo, anziché
essere un mezzo mediante cui, o mediante il quale, noi conosciamo, un
cristianesimo di questa specie francamente si allinea con tutti gli altri
movimenti storici. E allora è finita la sua funzione salvifica.
Nessuno ricerca più la verità o mostra la incarnazione della propria visione
del mondo, si parte dal presupposto che sia la giusta così come è strutturata
nelle categorie storiche, e poi si opera con la volontà di imporla agli altri,
come si impone un prodotto commerciale. Anziché dirvi che il cristiano ha
connaturato in sé lo spirito di divulgazione del vangelo, secondo le categorie
storiche, per cui si vanno reclutando dei galoppini, voglio tentare di portare
un momento di luce all'interno di questo problema.
Nella conferenza missionaria mondiale svoltasi a Edimburgo nel 1910, che ha
fatto epoca nella storia della Chiesa moderna, si disse che tutte le religioni
non cristiane, rivelano bisogni elementari dell'anima umana, che solo il
cristianesimo può soddisfare e che nelle forme più evolute esse manifestano
l'opera dello spirito di Dio. Ma nel discorso conclusivo, qualcuno toccò il
punto dolente. Nessuno di noi crede di possedere la pienezza di questa verità?
Perché se qualcuno di noi crede di possedere la verità nella sua pienezza,
allora dobbiamo rinunciare alla nostra convinzione che il cristianesimo è la
religione conclusiva e assoluta. Chi credesse questo avrebbe identificato se
stesso con la verità. Si veniva a dire che, quando la commissione di quella
conferenza parlava di cristianesimo, non intendeva l'intero corpo di credenze e
di pratiche, che è stato proprio dei cristiani della storia, ma piuttosto
parlava dell'essenza della rivelazione, che nessuno di noi ha pienamente
compreso e a cui nessuno di noi ha pienamente, dato soddisfazione.
C'è di più, esiste una distinzione fra cristianesimo e Vangelo, e noi, proprio
in queste giornate, tentiamo di volerci convincere che no, non c'è distinzione
fra quello che facciamo noi e quello che avrebbe fatto Gesù. Non c'è
distinzione fra noi e la rivelazione cristiana stessa, non c'è distinzione fra
il nostro modo di muoverci e la rivelazione cristiana stessa. Noi portiamo una
verità con la quale ci identifichiamo. Questo è il discorso sottinteso, e
invece no. Conclusioni a cui si arriva in questa conferenza di Edimburgo nel
1910: il cristianesimo nel senso indicato, è assoluto. Cristo completa e supera
tutte le altre religioni, tutte le religioni rivelano bisogni dell'anima umana
che solo Gesù Cristo può soddisfare pienamente; le forme più alte delle
religioni non cristiane manifestano l'opera dello spirito santo. Vedete nel
1910 eravamo già vicini alle forme attuali.
Però sorgono problemi: in quale senso Gesù Cristo completa le altre
religioni? Vedete, facciamo presto a fare delle affermazioni, ma poi
dobbiamo spiegarle. Si tratta del fatto che Egli soddisfa bisogni che altri
religioni manifestano, ma che non possono soddisfare? oppure Egli completa ciò
che esse hanno solo in parte? Ma, dissero alcuni intelletti, non esiste il caso
dei farisei, i quali rappresentavano certamente l'elemento più alto del
giudaismo del tempo di Gesù, eppure lo fecero andare in croce. Poi qualcuno
disse che la religione dell'India ruota intorno a un asse del tutto differente
da quello della religione della Bibbia, per cui no, non possono essere messe in
rapporto di preparazione-compimento. Si tratta di due discorsi radicalmente
diversi. Oserei dire che il concetto di Dio che le due religioni hanno è
intraducibile. Tutti quei discorsi relativi al rapporto di continuità sono
vani.
Eccoci alla conferenza missionaria mondiale di Gerusalemme del 1928. Il fatto
dominante di quella conferenza è la nascita del cosiddetto secolarismo. Ci fu
una certa tendenza a considerare le grandi religioni come alleati nella
battaglia contro il secolarismo. Ma tale posizione non fu assunta alla fine
della conferenza, la conferenza invece guardò con benevolenza i valori dei
sistemi non cristiani. Attenzione, ci sono i valori non cristiani che si
identificano con quelli delle religioni non cristiane, e i valori non
cristiani, del movimento secolare, dove ci si può mettere il laicismo,
l'illuminismo e il marxismo e così via. Quindi dobbiamo tenere bene distinto il
discorso. Noi riconosciamo, diceva questa conferenza, come parte dell'unica
verità il senso della maestà divina dell'islamismo. Poi riconosciamo la
compartecipazione al dolore del mondo del buddismo; riconosciamo il desiderio
dell'unione con la realtà ultima dell'induismo; riconosciamo la credenza in un
ordine morale dell'universo del confucianesimo, e infine la ricerca
disinteressata della verità e del benessere umano in coloro che sono dalla
parte della civiltà secolare, ma non accettano Cristo come loro Signore e come
loro salvatore. Restava sempre senza risposta il problema teologico di fondo:
quale è il significato dei valori religiosi delle religioni non cristiane?
Si delinearono tre tendenze, al di fuori si capisce di questa conferenza.
Primo, si riconosce l'esistenza di valori spirituali nelle religioni non
cristiane, ma il nostro compito, dicevano i protestanti e i cattolici, è quello
di annunziare il vangelo e di convertire a Cristo. Seconda tendenza, come si
può passare dalla affermazione della unicità di Cristo alla sua dimostrazione,
senza stabilire un paragone tra il vangelo e gli aspetti migliori delle altre
religioni. Finalmente la terza posizione, nella quale mi identifico almeno al
95%. I punti in comune con le altre religioni sono proprio quelli che non
costituiscono la specificità del cristianesimo. Il cristianesimo non è
semplicemente una religione, anzi non è affatto una religione; le religioni
sono condannate a scomparire con il sorgere di un modo di pensare scientifico.
Questa è l'affermazione più forte su cui ritengo la mia riserva. Ma vi confesso
che inclino fortemente a pensarla così, e non vi dico tutto il fondo del mio
cervello per non entrare in idee che sono del tutto personali mie e non
vagliate sufficientemente dalla ragione critica.
Se dovessi seguire la mia istintività, sarei del parere che se l'idea marxista
occupasse tutta l'area della religione, perché credo che quella ideologia, se
operasse questa decantazione, avrebbe già fatto un grande servizio all'umanità,
e sono convinto personalmente, che sarebbe più facile convertire un marxista,
che non un adepto ad una qualsiasi delle religioni storiche che noi conosciamo.
Perché se è vero che il “Logos” dico Cristo, è razionalità, sarà sempre
possibile discutere con un ateo, ma non sarà mai possibile discutere con un
uomo religiosamente devastato dalla sua fede. Vi prego di tenerla come opinione
personale su cui dovrò fare delle riflessioni per vedere se questa è una giusta
impostazione o se è semplicemente un mio modo di pensare.
Nel 1938 un personaggio, domina la conferenza di Tambaran, con una affermazione
molto secca C'è una distinzione radicale fra cristianesimo e rivelazione di Dio
in Cristo. Il primo appartiene al mondo delle religioni, non può pretendere
nessuna assolutezza o definitività. Vedete che ritorna la distinzione anche
all'interno del cristianesimo. Quindi c'è netta distinzione fra l'atto di
rivelazione di Dio e l'esperienza religiosa, sia essa cristiana o non
cristiana. Ma resta la domanda: esiste una vera comunione fra Dio e il credente
nell'esperienza religiosa non cristiana? Esiste una relazione dubbia, come
dubbia quella del fariseo o del cristiano storico. Se andiamo al Passo di oggi:
esiste una relazione fra Dio e il fariseo che prega in quel modo? Gesù dice no,
la relazione più giusta è quella del pubblicano o col pubblicano. Resta
tuttavia il nodo: come mai coloro presso i quali la autorivelazione di Dio, e
quindi più vicino a Dio, hanno mandato a morte Gesù Cristo? Questo è il
rompicapo che non riusciamo a sciogliere se non ci orientiamo fra queste strade
più radicali.
Poi per venticinque anni, rottura del dialogo con i non cristiani, siamo nel
1938. Alla nostra epoca, accade che ritornano quelle posizioni del 1910. Si dà
per scontato che la religione sia la sfera della salvezza, ma se noi guardiamo
le cose alla luce della Bibbia, non possiamo escludere la possibilità che
proprio la religione sia la sfera della dannazione, il luogo in cui l'uomo è
più lontano dal Dio vivente.
Ecco il caso del fariseo, proprio lui è il più lontano dal Dio vivente, lui che
dice di credere, lui che prega, lui che ha l'anima imbottita di Dio, lui che ha
l'anima carica di fronzoli religiosi, lui è il più lontano. Paolo VI aveva
tentato con la immagine dei cerchi concentrici: al centro la Chiesa cattolica,
poi via via quelle che credono in Cristo, poi quelli che credono in Dio e nei
valori spirituali, e poi i più lontani quelli che dicono di essere atei. Ma
alla luce della parabola chi sono i più lontani e chi sono i più vicini? La mia
posizione: ci sono coloro che credono in Gesù salvatore, ecco costoro
dimostrino che cosa è la salvezza del mondo.
Nel secolo passato in Italia si discuteva il problema della lingua. Tra questi
c'era anche Manzoni. Come dovrà essere il vero italiano il fiorentino? Ci
voleva la lingua unica per questo bel popolo italiano, non ci capiamo se andate
in giro ci sono infinità di dialetti. Discussioni teoriche e non finire.
Manzoni ha messo fine a posizioni teoriche, scrive un romanzo in cui viene
fuori la lingua. Ecco la lingua senza discussioni teoriche, Manzoni ne ha
presentato il modello.