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sabato 5 aprile 2014

Istigazione a riflettere n. 6

Da un articolo pubblicato su "Il Regno" n. 4/2014 da Gianfranco Brunelli, Il progetto pastorale. Papa Francesco e la CEI, leggo e apprendo quanto segue (pag. 80):
"Tra il 1983 e il 1984, in vista del nuovo statuto della CEI, la maggioranza dei vescovi italiani aveva auspicato l'elezione diretta dei vertici della Conferenza, come per tutte le altre conferenze episcopali. L'elezione diretta del presidente ottenne, nella consultazione generale che fu effettuata, la maggioranza assoluta, ma per sei voti non quella qualificata richiesta dallo Statuto. Obiettivo che fu invece raggiunto per l'elezione del segretario. Portata al papa la richiesta non fu accolta. Il nuovo statuto, approvato nel 1985, riconfermò al papa la prerogativa delle nomine. Giovanni Paolo II intendeva seguire da vicino le vicende dei vescovi italiani. Per il papa polacco l'Italia e la Chiesa italiana erano un punto di tenuta dell'insieme del suo disegno ecclesiale".
Alla pagina seguente, Brunelli osserva che a trent'anni di distanza le parti si sono curiosamente invertite; papa Francesco ha chiesto ai vescovi italiani di eleggersi da sé segretario e presidente ed essi hanno declinato l'invito, preferendo lasciare al lui questa prerogativa.
Brunelli si limita a osservare questa situazione, senza sbilanciarsi in ipotesi interpretative.
Per quel niente che vale, provo a dire la mia.
Domanda: cosa ha caratterizzato questi ultimi trent'anni? Risposta: il pontificato di Giovanni Paolo II e, per l'Italia, il mandato di Ruini.
Nel 1983 la maggioranza dei vescovi apparteneva alla generazione che aveva partecipato al Concilio. Oggi, invece, la maggioranza dei vescovi è stata nominata dal papa polacco. Nel corso del suo lungo pontificato Giovanni Paolo II ha avuto cura di nominare nel mondo vescovi tradizionalisti e in Italia personalità assolutamente insignificanti, bravi funzionari ecclesiastici ma nulla di più, gente che doveva solo obbedire alle disposizioni sue e di Ruini. Ecco i risultati: un'intera generazione di vescovi azzerata, un azzeramento del quale risentiremo per almeno un'altra generazione.
Se a questo aggiungiamo che il papa regnante nomina i cardinali che eleggeranno il papa successivo, la conclusione è mortificante nella sua drammaticità: un papa che campa a lungo comanda pure da morto.

Pietro Urciuoli
6 aprile 2014
ecclesiaspiritualis.blogspot.it

martedì 1 aprile 2014

Grazie, Jacques

Grazie, mille volte grazie. Mi hai raccontato una storia che tanti, troppi, in buona o in cattiva fede, hanno cercato di tenermi nascosta. Tu e Sabatier mi avete aperto gli occhi su quel Francesco che, grazie a voi, continuerò a cercare per tutta la vita.
Grazie, mille volte grazie.



«La lacerazione di Francesco d’Assisi, preso tra il proprio ideale snaturato e l’attaccamento appassionato alla Chiesa ed all’ortodossia, è drammatica. Egli accetta, ma si ritira. Nella solitudine della Verna, le stimmate, poco prima della sua morte sono la conclusione, il riscatto e la ricompensa della sua angoscia».

J. Le Goff, La civiltà dell’Occidente medievale, Ed. Einaudi, Torino 1981, p. 102.