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giovedì 19 giugno 2014

Il limbo, conseguenza "pastorale di una credenza problematica: il peccato originale

di Jacques Neyrinck
in “www.baptises.fr” del 19 giugno 2014 (traduzione: www.finesettimana.org)
Alcuni brani tratti dal libro di Jacques Neyrinck, Le savoir-croire, ed. Salvator, giugno 2014.


Il Catechismo della Chiesa cattolica, promulgato nel 1992 e venduto in 700 000 copie in Francia,  definisce così il peccato originale: “Con il suo peccato Adamo, in quanto primo uomo, ha perso la  santità e la giustizia originali che aveva ricevuto da Dio non solo per sé, ma per tutti gli umani. Alla  loro discendenza, Adamo ed Eva hanno trasmesso la natura umana ferita dal loro primo peccato,  quindi privata della santità e giustizia originali. Tale privazione è chiamata “peccato originale”.”
In realtà, nella Bibbia il termine peccato originale non viene menzionato neanche una volta. Non si  tratta quindi di un articolo di fede, ma di una credenza, basata inizialmente su un errore di  traduzione, che si è trasformata in certezza per due millenni. (…)
La formalizzazione del concetto deriva da un'interpretazione dell'epistola ai Romani, di Paolo di  Tarso, da parte di Agostino d'Ippona. Lavorava sulla Vulgata, cioè sulla traduzione in latino del  Nuovo Testamento, originariamente redatto in greco. Secondo quella versione, “tramite Adamo, nel  quale tutti hanno peccato, il peccato è entrato nel mondo, e con il peccato la morte, e così la morte  si è propagata in tutti gli uomini”, mentre la traduzione corretta sarebbe stata: “tramite Adamo, il  peccato è entrato nel mondo, e con il peccato la morte, e così la morte si è propagata in tutti gli  uomini, per il fatto che tutti hanno peccato”. Su questo errore di traduzione si è propagata una  credenza ad un peccato ereditario. (…)
Si scopre l'incoerenza del peccato originale soffermandosi su una prima credenza che ne è derivata,  quella del limbo. Per Agostino, non esiste alcun piano intermedio tra il paradiso e l'inferno: le anime dei bambini non battezzati sono destinate all'inferno. Secondo questa dottrina radicale, bisognava  procedere al battesimo immediato di tutti i bambini, e questa abitudine si è mantenuta fino ad un  passato recentissimo. Invece di una cerimonia che segna l'entrata nella Chiesa di un nuovo cristiano, il battesimo è stato per molto tempo un rito magico per salvare dall'inferno all'ultimo minuto. In  caso di parti difficile, si battezzava immediatamente il neonato che stava morendo. Il senso reale del sacramento fu pervertito a causa di quella credenza.
Per una reazione molto comprensibile a quella dottrina feroce, i teologi del basso Medio Evo  inventarono il limbo dei bambini non battezzati: le loro anime non sarebbero incorse nei tormenti  dell'inferno ma sarebbero state private della felicità del paradiso. Secondo quei teorici del  cristianesimo, benché quei neonati fossero innocenti di qualsiasi peccato personale, la loro natura  fondamentalmente viziata li rendeva impropri alla visione beatifica del paradiso. Il limbo dei  neonati costituì la risposta teologica al problema del destino di quegli innocenti che, senza aver  meritato l'inferno, erano tuttavia esclusi dal paradiso. Bisognava pur metterli da qualche parte. Ma  quella privazione li faceva comunque soffrire? Tommaso d'Aquino (1225-1274) concluse di no,  spiegando faticosamente che l'uomo non soffre per il fatto di non poter volare. Contorsione 
intellettuale che svela l'aberrazione dell'ipotesi iniziale.
Si poneva lo stesso problema insolubile con i giusti nati prima di Cristo. Abramo, Mosè, Davide,  Elia, tutti i patriarchi e i profeti, infettati dal peccato originale, non possono entrare in paradiso  nonostante i loro meriti evidenti. È stato quindi necessario creare un limbo supplementare per loro.  Da qui il plurale “limbi” [ndr.: in francese si usa il termine al plurale]. Se si considera anche il purgatorio, altra invenzione di teologi creativi nel XII secolo, più il paradiso e l'inferno, ne risulta  un aldilà di cinque piani. Se consideriamo il Simbolo apostolico, Gesù visitò tre giorni prima di  Pasqua “gli inferi”, altro concetto proprio dell'Antichità in cui erano raccolti tutti i defunti prima  dell'organizzazione dell'aldilà cristiano, ossia un sesto piano che accoglieva tutti fino a che Pasqua  non costituì l'evento fondativo dell'edificio di cinque piani. Tutto questo armamentario 
concentrazionario non ha alcun senso, perché presuppone che l'eternità sia costituita da un tempo  illimitato con una cesura nell'anno 30 per la liquidazione degli “inferi”.
Alla fine, il 20 aprile 2007, la commissione teologica internazionale della Chiesa cattolica romana  ha dichiarato che il limbo riflette una visione troppo restrittiva della Salvezza e non può essere  considerato come una verità di fede. E la credenza si è spenta da sola nella società civile  contemporanea. Infatti per un contemporaneo, nessuno può essere sanzionato se non per una  violazione alla legge civile da lui stesso commessa. Un contemporaneo non può più aderire ad una fede screditata da una credenza assurda, odiosa e incoerente.
Sarebbe stato logico che quella commissione risalisse dalla credenza derivata a quella del peccato originale. Ma era troppo chiederle di rinunciare a quella credenza cardine del cristianesimo. Il Catechismo “spera che ci sia una via di salvezza per i bambini morti senza battesimo”. Non va oltre, perché significherebbe rinunciare alla credenza al peccato originale. Non è possibile rivedere la  dottrina su un punto che è diventato essenziale, per paura di intaccare la credenza all'infallibilità del  Vaticano. Molti passi del Vangelo mettono in scena un bambino di cui Gesù dice: “Se non  diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli”. Come avrebbe potuto quel  bambino, non battezzato per definizione, essere presentato come un esempio di innocenza, se fosse  stato realmente infettato dal peccato originale?

giovedì 5 giugno 2014

Una brutta sorpresa: per Bergoglio Calvino è un "boia spirituale"

di Paolo Ricca in “Riforma” - settimanale delle chiese evangeliche battiste metodiste e Valdesi – del 6 giugno 2014


Una brutta sorpresa. Davvero brutta. E un’inattesa delusione. Sorpresa e delusione suscitate da  alcune  pagine dell’attuale pontefice sulla Riforma protestante, che purtroppo riproducono i più  logori e grossolani clichés polemici usati dalla Controriforma in tempi lontani per diffamare il  protestantesimo. Mai ci saremmo aspettati di vederli riproposti dal papa «venuto da lontano». 

Queste pagine – già segnalate su Riforma del 16 maggio scorso da una lettera di Carlo Papini, a p.  11 – riproducono una conferenza tenuta dall’allora arcivescovo Bergoglio in Argentina nel 1985, dal titolo: «Chi sono i gesuiti», pubblicata ora in italiano, insieme ad altri due saggi, in un volumetto  uscito nel maggio di quest’anno e preceduto da una introduzione di Antonio Spadaro, direttore di  Civiltà Cattolica (la nota rivista dei gesuiti), già autore di un’ampia e istruttiva intervista all’attuale  pontefice (1).
Ora secondo p. Spadaro, «i due casi concreti» esaminati da Bergoglio nella conferenza ora citata,  cioè la Riforma protestante e la missione latino-americana, «sono due ricchissimi affreschi» (p. 13), i quali «illuminano il lettore sul modo di procedere di Bergoglio come pontefice» (p. 11) – modo di  procedere che, sempre secondo il direttore di Civiltà Cattolica è «fondato su due pilastri: la realtà e  il discernimento» (p. 14). Ora io non so bene che cosa il p. Spadaro e, con lui, papa Francesco  intendano per «realtà». Sono però certo che la «realtà» della Riforma, per quel poco che la conosco, è completamente diversa da quella «affrescata» da Jorge M. Bergoglio.
È vero che le sue pagine risalgono a quasi 30 anni fa. Ma sono state pubblicate tali e quali 30 anni  dopo, in italiano, nel maggio di quest’anno, senza la minima modifica o nota esplicativa, e anzi  presentate come un «ricchissimo affresco».
Sentite quello che il papa, quand’era ancora arcivescovo, diceva (speriamo che ora non lo dica né lo pensi più) di Calvino, che, secondo lui, è molto peggiore di Lutero. Lutero era eretico, e l’eresia è  «un’idea buona impazzita» (p. 22) (2). Ma Calvino, oltre che eretico, è stato anche scismatico, e lo è stato in tre diverse aree: l’uomo, la società, la chiesa. Nell’uomo, Calvino provoca addirittura due  scismi. Il primo è quello «tra la ragione e il cuore», da cui nasce «lo squallore calvinista» (p. 23). Il  secondo avviene all’interno della stessa ragione, «tra la conoscenza positiva e la conoscenza  speculativa», con danni irreparabili a «tutta la tradizione umanistica» (p. 23). Nella società, Calvino  provoca lo scisma tra le classi borghesi, che egli privilegia «come apportatrici di salvezza» (p. 25),  e le corporazioni dei mestieri che rappresentano «la nobiltà del lavoro». Calvino sarebbe promotore  di «un’internazionale della borghesia» e, come tale, «il vero padre del liberalismo» (p. 26). Nella  chiesa, infine, Calvino provoca lo scisma peggiore: «la comunità ecclesiale viene ridotta a una  classe sociale» – quella borghese – e «Calvino decapita il popolo di Dio dell’unità con il Padre. 
Decapita tutte le confraternite dei mestieri privandole dei santi. E, sopprimendo la messa, priva il  popolo della mediazione in Cristo realmente presente» (p. 32). Insomma: Calvino è un vero boia  spirituale, che decapita tutto quello che può!
Stento a credere che l’attuale pontefice pensi di Calvino e della Riforma queste cose, che non  stanno né in cielo né in terra e che nessuno storico cattolico – almeno tra quelli che conosco e leggo  – dice più da molto tempo. E dato che i gesuiti, quando nacquero, si diedero come compito, oltre  alla missione tra i pagani, anche quello di combattere con ogni mezzo il protestantesimo – come  effettivamente è avvenuto – allora, se il protestantesimo che hanno combattuto è quello «affrescato» da Bergoglio, devono sapere che hanno combattuto un protestantesimo fantasma, mai esistito, un  puro idolo polemico creato solo dalla loro fantasia, che poco o nulla aveva a che fare con la famosa  «realtà», che pure volevano assumere come «pilastro» del loro «modo di procedere».
Ma non è tutto. Sentite quello che Bergoglio diceva (speriamo che ora non lo dica né lo pensi più)  delle conseguenze della Riforma. Secondo lui «a partire dalla posizione luterana, se siamo coerenti, restano solo due possibilità fra cui scegliere nel corso della storia: o l’uomo si dissolve nella sua  angoscia e non è niente (ed è la conseguenza dell’esistenzialismo ateo), o l’uomo, basandosi su  quella medesima angoscia e corruzione, fa un salto nel vuoto e si auto decreta superuomo (è  l’opzione di Nietzsche) … Un simile potere [quello vagheggiato da Nietzsche], come ultima ratio,  implica la morte di Dio. Si tratta di un paganesimo che, nei casi del nazismo e del marxismo,  acquisterà forme organizzate» (p. 34). Tutto questo «a partire dalla posizione luterana», che  evidentemente – secondo queste pagine di Bergoglio – è la causa prima, anche se remota, delle cose peggiori accadute in Occidente, compresa la secolarizzazione, la «morte di Dio», e i vari  totalitarismi che hanno infestato la storia moderna dell’Europa. Insomma, è la vecchia tesi della Controriforma: la Riforma protestante vista come sorgente di tutti i mali, o meglio di tutti quelli che la chiesa di Roma considera «mali».
Mi chiedo come sia possibile avere oggi ancora (o anche 30 anni fa) una visione così deformata,  distorta, travisata e sostanzialmente falsa della Riforma protestante. È una visione con la quale non  solo non si può iniziare un dialogo, ma neppure una polemica: non ne vale la pena, perché è troppo  lontana e difforme dalla «realtà». Una cosa è certa: a partire da una visione del genere, una  celebrazione ecumenica del 500° anniversario della Riforma, nel 2017, appare letteralmente  impossibile.

Paolo Ricca

(1) Jorge Mario Bergoglio, Chi sono i gesuiti, EMI, Bologna 2014 (la prima edizione, apparsa a  Buenos Aires, è del 1987; una seconda edizione è apparsa in Spagna nel 2013).
(2) Quindi – lo dico in nota – noi valdesi, «eretici» da otto secoli, siamo, insieme a tutti gli altri  protestanti, seguaci di «un’idea buona impazzita», cioè, in qualche misura, tutti pazzi.

mercoledì 4 giugno 2014

Istigazione a riflettere n. 7

La Chiesa mi ha trattato severamente. Mi è stata tolta la cattedra all'Università di Granada dalla sera alla mattina, senza una spiegazione. Non sapevo nemmeno che in Vaticano era in corso un processo contro di me. Più volte ho chiesto il perchè di questa decisione ma non ho mai ricevuto risposta.
Sono caduto in depressione; otto anni senza poter dormire. Poi ho lasciato il mio ordine religioso e ho scelto di non andare alla ricerca di qualche diocesi dove potermi incardinare e di vivere da laico.
Ma nonostante questo io vi dico: se per voi la Chiesa è un impedimento alla vostra fede e alla vostra vocazione sono problemi vostri non della Chiesa.
Perchè dico così?
Ecco. Io oggi sono felice, sono più felice di quando ero un bambino. E lo sono perchè credo in Gesù, che dà un senso alla mia vita. Io non so come sono, se sono giusto o se sono sbagliato. Non so nemmeno se mi sono perso. Mi accetto per quello che sono e sono felice perchè credo in Gesù.
E se io posso credere in Gesù, oggi, lo devo alla Chiesa, a questa Chiesa, che me lo ha trasmesso.

Josè Maria Castillo
CdB San Paolo, 4 giugno 2014