di Aldo Maria Valli in Vino nuovo, 7 marzo 2013
Forse per la prima volta nella storia della Chiesa, si va verso un conclave discutendo della forma stessa del pontificato e del governo centrale della Chiesa In Vaticano (ovvero al cardinale camerlengo Tarcisio Bertone) non è piaciuta la conferenza stampa
tenuta dai cardinali statunitensi al Collegio Nordamericano di Roma il 5 marzo. E così il successivo appuntamento con i giornalisti, previsto ieri, è stato frettolosamente annullato.
È un sintomo del nervosismo e delle divisioni fra i cardinali. Quelli a stelle e strisce non hanno mai accettato il calendario accelerato voluto dal camerlengo e da molti fra gli uomini di curia. È necessario, hanno fatto sapere, prendersi tutto il tempo necessario per discutere con calma, specie alla luce dello scandalo Vatileaks e delle vicende riguardanti lo Ior. Su questa linea molti fra gli stranieri, soprattutto fra coloro che vivono molto lontano da Roma. A questi cardinali sono arrivate solo voci di seconda o terza mano sugli avvenimenti degli ultimi mesi, e ora vogliono vederci chiaro, anche parlando a tu per tu con i tre cardinali che hanno fatto parte della commissione d'inchiesta, ovvero Herranz, Tomko e De Giorgi. Inoltre i non curiali sono convinti che sia arrivato il momento di impostare una riflessione seria sul governo centrale della Chiesa in relazione con gli
episcopati locali. Non si tratta soltanto di scegliere il nuovo papa, ma di chiarire che cosa deve
essere il papato. E il momento per farlo è proprio questo.
A questo proposito è interessante il commento pubblicato sul suo blog Teología sin censura dal teologo spagnolo José María Castillo: «Chiaramente, nessuno mette in dubbio che sia importante analizzare, giudicare e valorizzare i punti deboli e quelli di forza del pontificato di Ratzinger. E ovviamente nessuno mette in dubbio che è ancora più importante proporre e saper scegliere l'uomo più competente che, in questo momento, dovrebbe occupare l'incarico di sommo pontefice. Tutto ciò, nessuno lo contesta, è di enorme interesse. Però, per fondamentale che sia giudicare le persone, tanto del passato come del possibile futuro immediato, nessuno può mettere in dubbio, credo, che è molto più importante soffermarsi a pensare cosa rappresenta, e cosa dovrebbe rappresentare, non questo o quell'altro papa, ma quello che realmente è e fa l'istituzione che, di fatto, è il papato, così come è organizzata, come funziona, come è gestita, sia quale sia il papa che l'ha presieduta o che la può presiedere».
Forse per la prima volta nella storia della Chiesa, si va verso un conclave discutendo della forma stessa del pontificato e del governo centrale della Chiesa. Come si chiede Castillo, siamo proprio sicuri che «la cosa migliore per la Chiesa sia che tutto il potere di governo di un'istituzione, alla quale fanno riferimento più di mille e duecento milioni di esseri umani, sia concentrato in un solo uomo, senza altre limitazione di quelle impostegli dalle proprie idee? Secondo quanto disposto dal vigente Codice di diritto canonico, è così che è pensato e regolato, e così funziona, il papato (can. 331, 333, 1404, 1372). Perché, tra le altre cose, il papa sceglie chi deve rivestire tutti gli incarichi della Curia. Rimuove e sceglie cardinali, vescovi e cariche ecclesiastiche di altro tipo. E fa tutto questo senza dover dare spiegazioni a nessuno e senza che nessuno gliene possa chiedere conto. E tutto questo a prescindere da chi sia il papa regnante, dalla sua età, dal suo stato di salute, dalla sua mentalità, dalle sue preferenze e persino dalle sue possibili manie». Ora, è pensabile che questo modello possa ancora reggere nel confronto con la società contemporanea?
«I cardinali in congregazione parlino con sincerità, senza strategie e tattiche: non nascondano i problemi che ci sono nella Chiesa e le persone che eventualmente hanno tenuto comportamenti non idonei», ha raccomandato il priore della comunità monastica di Bose, Enzo Bianchi, avvicinato dai giornalisti davanti all'ingresso dell'Aula del sinodo, dove si tengono le congregazioni generali.
Bianchi ha chiesto ai porporati di «cercare davvero un uomo di Dio, che vuole servire il Signore e parlare agli uomini con grande misericordia», perché questa «è l'ora della misericordia ma anche quella di risolvere tanti problemi all'interno della Chiesa, affinché ci sia una maggiore unità e pace».
Di questa esigenza, tra i curiali, si è fatto interprete il cardinale Kasper, che è uscito allo scoperto con coraggio. «Questo è il tempo di una lunga riflessione. Le cose andranno diversamente rispetto a quando venne eletto Joseph Ratzinger nel 2005. Questo Conclave va preparato con calma. Fra noi cardinali quasi non ci conosciamo. Non c'è fretta, l'extra omnes può attendere per ora», ha detto alla Repubblica. Per Kasper la riforma della curia «è una priorità, ma insieme è una grande problema, perché oggi alla curia romana manca il dialogo interno. I dicasteri non si parlano, non c'è comunicazione. E questo stato di cose va cambiato». La curia, «al di là di quanto emerge con Vatileaks, va rivoluzionata. E ritengo che oltre alla parola riforma occorra usarne una seconda: trasparenza. La curia deve iniziare ad aprirsi».
I cardinali vogliono anche sapere dai vertici della Santa Sede se la vicenda del brusco allontanamento di Ettore Gotti Tedeschi dallo Ior
Davvero non è un pre-conclave come gli altri.
Nessun commento:
Posta un commento